Ho dormito molto bene ed ho lasciato il rifugio alle 7 meno un quarto. Il sentiero verso il lago di Álftavatn parte attraversando in direzione sud l’altopiano di fronte al rifugio in un continuo saliscendi dovuto al dover attraversare le piccole vallette scavate dal ghiaccio e dai ruscelletti provocati dal disgelo. Attraversato l’altopiano si torna a salire e si raggiunge una cresta dietro la quale appare la valle del lago di Álftavatn in tutta la sua verde ampiezza. A quel punto si scende abbastanza bruscamente e si raggiunge il fondovalle, piano ed erboso.

Álftavatn

Arrivo al rifugio dopo 3 ore e mezza ed il paesaggio credo sia il più alpino tra quelli visti finora. Trovo nel rifugio due ragazze americane, il custode sta dormendo, chiacchieriamo un po’ e mi faccio un caffè.

Nota a margine tutt’altro che marginale: anche oggi tempo splendido.

Ore 15. Örn (“Aquila”), il custode, è una persona gentilissima. Mi offre un ennesimo caffè e facciamo due chiacchiere, mi racconta del posto e spiega il significato dei toponimi del luogo (la “grande montagna verde”, la “cosa cresciuta male”, il “passo dei cinque vörður”…), infine mi dà qualche salviettina disinfettante per le mie vesciche, ormai belle scoperte.

Vengo raggiunto dalla comitiva di tedeschi che ieri erano con me a Hrafntinnusker, Örn mi presenta a loro come “one Italian hero”.

Ho fatto il periplo del lago e poi una doccia, le migliori 200 corone spese finora. Il tempo continua a reggere, ma si prevede un peggioramento per domani sera.

Örn mi chiede anche quale informazione abbiamo noi in Italia sul suo paese, perché ha notato che molti italiani arrivano male attrezzati, senza abiti pesanti ed equipaggiamento adatto.

Sono arrivati anche Pete, ricercatore di Boston, e gli islandesi che ieri erano a Hrafntinnusker.