Nuwara Eliya la raggiungiamo in treno da Kandy, lungo la linea che si snoda lungo la regione montuosa di Sri Lanka. Piante di té a perdita d’occhio e molte donne chine sotto il sole a lavorarle. Si trova a 1900 metri di altitudine, è difficile rendersene conto, perché ovungue si guardi si vedono palme ma, in effetti, verso sera la temperatura cala sensibilmente. Passiamo il pomeriggio nel parco, poi B. si scatena tra le bancarelle. Stavolta sono io che faccio “il cattivo”.

Al mattino successivo la sveglia è dura, considerato che alle sette del mattino parte l’unico autobus che scende a sud, a Matara. Anche le strade di montagna si somigliano un po’ tutte nel mondo e tutte provocano un effetto simile sui passeggeri degli autobus, specie se bambini. Ho capito a cosa servono quei sacchetti di plastica che ora corrono veloci di mano in mano.

L’autobus è uno spettacolo per la collezione di talismani e icone che ospita sul parabrezza. Un Buddha, un Cristo, una divinità indù di cui non so il nome. Forse l’autista non vuole scontentare nessuno o forse ha deciso che la protezione di tre dèi è meglio di quella di uno solo. Mi sembra logico. Anche dopo aver constatato come si guida da queste parti.

Unawatuna. Mare, mare, mare ! Dunque questo è l’Oceano Indiano, quello di Sandokan per intenderci, anche se lui scorrazzava un po’ più in là.

Lasciamo scorrere questi ultimi giorni facendo una “vita da spiaggia” molto pigra. L’unica fatica è fermare il venditore ambulante di ananas per fare merenda.

La spiaggia di Unawatuna

Ho imparato un’altra cosa. Devo dare retta a chi mi dice che in certi paesi il fattore di protezione 16 non è sufficiente. Infatti, dopo un giorno di spiaggia, ho dovuto restarmene buono buono all’ombra…