Nella villa reale di Monza

C. ha saputo che la Villa Reale di Monza viene aperta al pubblico oggi e per altre tre domeniche, con visite guidate di circa un’ora, alla modica cifra di tre euri.
Ha prenotato (e ha fatto bene, vista la coda che c’era) e stamattina ci siamo andati.

Paragonandole ad altre magioni reali o nobiliari viste in giro per l’Europa, la prima cosa che mi viene in mente è una certa uniformità: allora come ora, i ricchi tendono ad essere noiosamente impegnati ad urlare al mondo il loro potere, e per far sì che il messaggio giunga ai destinatari voluti (gli altri ricchi), devono usare un linguaggio che questi possano capire - ed ecco quindi la competizione sulla grandezza e sulla magnificenza di parchi, giardini, laghi, stanze, decori e arredamenti.
La fruibilità delle strutture e la loro abitabilità sono un fattore secondario. L’importante è che siano adeguatamente di rappresentanza e doverosamente marcate dai segni della potenza e della ricchezza della famiglia padrona del maniero in quel momento.

Per fortuna è arrivato Le Corbusier a spiegarci come da un singolo locale di 10 metri per 10 metri per 6 metri di altezza (nella Villa Reale ci dicono che ci sono 700 stanze del genere, forse quelle al piano superiore a 6 metri di altezza non ci arrivano) si può ricavare un intero appartamento, e nemmeno tanto scomodo, secondo gli standard di oggi.

Lo so, lo so… sono il solito giacobino communardo che manca di poesia e non apprezza come si deve i servizi di Limoges. Ma è più forte di me: non posso non inneggiare alla Rivoluzione Francese con le sue liberté, egalité e fraternité quando penso a come il prezzo della lussuosa (per l’epoca) vita di pochi e dei loro cortigiani veniva fatto pagare ad altri.

Nota a margine: comunque la pensiate sulla nobiltà, l’apertura della Villa Reale dovrebbe essere regola e non eccezione.