Domenica scorsa a Mantova, nel presentare Open Street Map, Edo raccontava di aver dedicato sei mesi di lavoro alla mappatura ed al caricamento delle vie della sua città. Eppure la digitalizzazione delle vie di tutte le città italiane è completata da tempo e molte aziende offrono mappe interattive on-line ai loro clienti. L’informazione esiste ed è già stata “digerita” ed adattata al suo impiego telematico.

È il copyright vigente su questa informazione che ci costringe a rimappare le strade delle nostre città, a scrivere da capo un’enciclopedia o un manuale, a re-inventare la ruota.
A disegnare un poligono regolare da un miliardo di lati perché il cerchio è brevettato.

Si obietta giustamente che per produrre questa informazione brevettata l’azienda ha investito tempo e denaro in ricerca, progettazione e mezzi e vuole chiaramente rientrare del proprio investimento. Ma siamo sicuri che cedere i dati con una licenza libera (che contemporaneamente consenta di proseguirne lo sfruttamento commerciale) sia economicamente un disastro?
Ad esempio, cedere oggi, dopo un congruo periodo di sfruttamento esclusivo, i dati sulla mappatura delle strade significa darli in pasto ad una comunità di appassionati che ne farà manutenzione a titolo gratuito o quasi.

Cartolina promozionale di Wikipedia in Italia

Ancora a titolo di esempio: come wikipediano, sarei felice di poter attingere liberamente alla Treccani per produrre e integrare le nostre voci on-line, e sarei altrettanto felice se Treccani facesse una selezione dei nostri contenuti - da prendere come “materiale grezzo” - per produrre sue opere.

Come osa questo scribacchino? Da dove viene? Chi è suo padre?

Paragone blasfemo? Finché pensiamo che lo sia, saremo due realtà in concorrenza che reinventano ruote, invece di essere ruote che, in sinergia, muovono il sapere.