Ljuda e io all'aeroporto

Ieri è arrivata Ljuda, da Brest, dopo un viaggio durato 24 ore. Seduta sul divano di casa, fissa il vuoto in una postura innaturale, come se volesse piegarsi su sé stessa fino a scomparire. Tanto spaventata da non accorgersi dei due rivoli di lacrime che scendono sul suo viso silenzioso. La TV accesa davanti ai suoi occhi sembra monopolizzare la sua attenzione, ma il suo sguardo non si muove nemmeno quando la spegniamo.
Io e mia madre siamo imbarazzati e imbranati, e tentiamo di catturare la sua attenzione. Col mio russo provo a dire qualche parola gentile, senza risultato. Mia madre la coccola un po’, cercando di farle capire che non c’è ragione di piangere.

Poi penso a quando mi sono seduto per la prima volta sul divano dei miei amici moscoviti. Non ero spaventato, ero sazio da un ottimo pranzo di benvenuto, ma la prima cosa che Tat’jana ha fatto è stato mostrarmi le fotografie di famiglia. “Proviamo”, mi dico.
Mia madre, seduta accanto a lei, sfoglia gli album di famiglia. E scatta in Ljuda la curiosità. Al terzo album è lei a sfogliare le pagine. Le portiamo altri libri illustrati, ma preferisce le fotografie. Si guarda in giro, vede la bambola russa del samovar. Fa cenno di prenderla, gliela diamo, comincia a strapazzarla. Poi recupero un pinguino di peluche che mi hanno regalato (quanti?) anni fa. Finalmente sorride. E poi la matrjoška ed un altro peluche di mio fratello. Ora mi risponde quando la chiamo per nome. Le dico che mia madre vuole mostrarle dove può sistemare le sue cose. Finalmente si alza dal divano, temevo non l’avrebbe fatto mai. Invece ora è curiosissima, ancora non parla, risponde solo a cenni, ma osserva tutto e vuole andare dappertutto. La bigiotteria di mia madre è l’apoteosi. Subito due orecchini ed una collana per sé, poi comincia a riempire di collanine, spille, orecchini i vari peluche, mostrandomeli ridendo.

È molto indipendente, ama arrangiarsi da sola e forse ci è abituata da sempre. Oggi ha aiutato mia madre ad apparecchiare e sparecchiare la tavola. Fogli di carta, pastelli e pennarelli, timbrini giocattolo che stampano fiori. Mi mostra i suoi quaderni, mi racconta cosa ha fatto a scuola. Ora viene a farmi gli scherzi con un pupazzetto che suona… Meno male. Sta andando tutto bene.

Ljuda fu ospite dei miei genitori all’interno di un programma di soggiorno per bambini bielorussi, che venivano alloggiati presso famiglie della zona. Il loro soggiorno durava un mese, durante il quale usufruivano delle aule messe a disposizione dalle scuole elementari locali per continuare a frequentare la scuola insieme ai loro insegnanti. Oggi (2008) Ljuda ha quasi vent’anni, ma l’esposizione ai danni del disastro di Černobyl ha minato la sua salute in modo serio.