Otto marzo
Alcune di voi faranno spallucce, dicendo che è diventato un rito svuotato di ogni significato. Si smarcheranno dal femminismo, roba vecchia, buona solo per comuniste nostalgiche prive di ogni fascino, ormai non più necessaria. Diranno che oggi in Italia le donne non sono più sfruttate, che c’è persino troppa libertà e che forse è meglio tornare ad un ruolo più tradizionale di mogli e madri, possibilmente in un contesto familiare uscito dritto dritto da una pubblicità televisiva.
Alcune di voi sorrideranno ricevendo un mazzetto striminzito di mimosa. O rimprovereranno a ogni uomo a portata di voce il non aver pensato a regalarla.
Alcune di voi sono andate a rifarsi i capelli e poi in un qualche locale che ha organizzato spogliarelli maschili, libere per una volta di urlare e fare cazzate normalmente impossibili, lontane per una sera da quei mariti e da quei figli maschi serviti e riveriti per i restanti 364 giorni.
Una di voi mi telefonerà dalla Russia (là è un giorno festivo a pieno titolo), chiedendomi di fare gli auguri a mia madre e alle altre donne della famiglia che ha conosciuto. Передам, ладно.
Pare che la scelta della data non sia legata ad una strage di operaie morte in una camiceria durante un incendio, come mi fu raccontato. Oggi potrebbe accadere ancora, ma le operaie sarebbero più probabilmente cinesi. O magari belle ragazze vestite di nero, con un filo di trucco leggero.
Auguri, sorelle. Che ve ne importi o meno.